Tra gli operatori socio-sanitari impegnati in questa emergenza Covid-19 c’è anche Alessandro Seghetto, classe 1992, difensore-marcatore (“alla Renato Martinelli” si paragona così all’ex “colonna” e molosso, oggi presidente dell’A.C. Cologna Veneta), oggi in forza all’Aurora Marchesino (esattamente da due stagioni). Nato a Cologna Veneta e cresciuto nelle giovanili dei “giallo e blu del mandorlato”, ha militato sia in 1^ che in 2^ categoria nel sodalizio del suo paese, per poi passare all’Albaredo, e successivamente all’A.C. Raldon. Laureato in Scienze Infermieristiche, Seghetto oggi opera nel REMS (Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza) di Nogara, a contatto con pazienti psichiatrici (circa una quarantina) autori di reato. “Da quando è scoccato il lock down” racconta Alessandro “il rischio di diffusione del virus ha cominciato a farsi sentire, sfiorando alcuni pazienti che seguo, mentre ho saputo di alcuni miei colleghi, che in altre strutture sono risultati positivi. Nei casi in cui si è sospettato il contagio del coronavirus, si è proceduto ad applicare l’isolamento, riuscendo così a scongiurare alcun caso di positività. Da allora, è cambiato anche il nostro modo di muoversi all’interno della R.E.M.S, basti pensare solo alla vestizione: mascherina, visiera, guanti, copri scarpe, cuffia e camici monouso. Ogni giorno, da qualche mese a questa parte, sembra che dobbiamo andare in guerra a combattere un nemico invisibile, proprio per questo il più insidioso”.
Siete stati bravi a gestire la situazione con saggia previdenza e tanta prudenza… “Vedi, noi curiamo l’aspetto psicologico dei nostri pazienti, dedicando molta attenzione alla condizione di vulnerabilità dovuta proprio al loro disagio psichico. Per quello che mi riguarda, ho fatto tesoro dell’esperienza vissuta in altre due comunità psichiatriche, ovvero in altre due CTRP”. La tua idea sul coronavirus? “Ci ha cambiato il modo di vivere e di considerare le cose: quelle che prima della pandemia parevano scontate, ora le gustiamo di più”. Hai avuto paura? “Sì, e il rischio è ancora elevato, specialmente in questi giorni in cui si sono allentate un pochino le misure di sicurezza: il morbo è tutt’altro che debellato!” Questa sorta di allerta dovrà accompagnare noi calciatori dilettanti anche a partire dalla prossima stagione calcistica? “Sarà molto importante capire l’andamento del virus, la sua forza, e nello stesso tempo osservare sempre scrupolosamente le misure di prevenzione sanitaria (sanificazione degli spogliatoi, mantenimento della distanziamento sociale, altro) da applicare perché per quel periodo – settembre – il coronavirus non sarà ancora scomparso. Speriamo che nel frattempo possa essere scoperto il vaccino, ma, nel frattempo dobbiamo stare attenti al rischio di un ritorno del Covid-19. Il vaccino certamente aiuterebbe a ridurre di molto il contagio”.
Cosa ti ha commosso e cosa ti ha maggiormente colpito in questi mesi di coronavirus? “Mi sono reso conto che prima svolgere la professione di infermiere era una cosa scontata: ora, invece, ho pensato di essere fortunato di avere un lavoro, anche se in questi ultimi due mesi a rischio. Di spiacevole, ho provato la privazione dei miei affetti più cari, il non poter vedere la mia ragazza, di non poter continuare ad abbracciare il mio sport preferito, il calcio, di essermi stata preclusa la frequentazione con gli amici”. In che cosa si concreta la tua opera all’interno del R.E.M.S. di Nogara? “La nostra è un’attività rieducativa e riabilitativa, svolta da un’equipe di psichiatri, psicologi, educatori ed operatori. Gestiamo le acuzie, ossia i momenti di vulnerabilità dei pazienti. Una professione, la nostra, che richiede tanta professionalità e capacità, ma anche una buona dose di amore e tanta cura verso i pazienti. Sì, una sorta di missione!”.
Andrea Nocini per www.pianeta-calcio.it
