mercoledì, 12 Novembre 2025

Oggi

“4 ciacole” sul calcio servito dall’ex Legnago Tiziano Scandogliero e dal figlio Marco, ex Isola Rizza e Porto Legnago

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Tutti a tavola, il pranzo, pardon, vista l’ora, la cena è servita. Alla locanda “Le 4 ciacole”, nella piazza centrale della verdeggiante Roverchiara, accarezzata solo verso le 23.00 da una leggera brezza che spira dal vicino basso Adige, il calcio viene affettato assieme a gustosi salumi e a invitanti formaggi provenienti da tutta Italia, portando avanti così una tradizione da 121 anni inaugurata da nonno Emilio (il nome dell’ultimo arrivato nella famiglia di Marco, dieci mesi soltanto, e destinato già in culla a portare avanti la famosa dinastia di salumieri) dalla famiglia nel pallone, quella guidata da Tiziano e dal figlio Marco Scandogliero, classe 1984. Il genitore, classe 1955, ha dato i primi calci nella nativa Roverchiara, “sfidandoci a 30 contro 30 ragazzini”, per poi frequentare le Medie e il Ginnasio presso il collegio dei salesiani ad Este di Padova, il “Manfredini”, dove era appena passato un illustre allievo, il ferrarese e noto critico d’arte Vittorio Sgarbi. Quindi, la casacca sponsorizzata dagli opulenti mobilieri della vicina, gemella Roverchiaretta, i Susani e Bersani, onorati dal titolo Provinciale Csi conquistato dai giovani calciatori, tra cui il portiere Claudio Biondàn (1954) e i coetanei del 1955 Claudio Valente (ex presidente della Confagricoltura) e lo stesso Tiziano, due mezzali e centrocampisti offensivi di grande vaglia, roverchiaresi doc. “Io e Valente” snocciola il rosario dei ricordi personali il mastro salumiere-oste Tiziano “venimmo acquistati da quel L.R. Vicenza capitanato dal più alto scranno da Giussy Farina, il quale satelizzò sotto l’egida dei bianco-rossi lanieri anche l’Audace SME, il Rovigo e il Legnago del commerciante di lampadari, il cav. Pio Passarìn, “padre” degli sfortunati biancazzurri del Bussè allenati dall’ex Lane Gigi “Bagolina” Menti (nipote del grande Romeo scomparso col Grande Toro, a bordo dell’areo di ritorno dall’amichevole contro il Benfica, quello che si schiantò sulla collina di Superga nel maggio 1949, privando la nostra Nazionale di parecchi titolari, tra cui Valentino Mazzola ed altri assi della pelota), superati a un passo dall’ingresso nella storica serie C da un gol del centravanti del Vigevano, Schillirò. Che fece suo – 1 a 0 – lo spareggio al neutro del “Rigamonti” di Brescia”.

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Poi, Scandoliero sr (cognome che nell’antico veneziano stava per guardiano di galere, le velocissime imbarcazioni multi remi, con “galeos” che in greco significa squalo), dirige i tacchetti in direzione San Michele Extra, dentro il leggiadro “Tiberghien”, impianto voluto dai potenti imprenditori della lana belgi: “Arriviamo molto lontano nei regionali, eliminati nella finalissima dal Padova: avessimo trionfato, avremmo partecipato alle fasi finali nazionali. Ma, ecco mister Mario Rodella che mi vuole a Minerbe, vicino a casa, con i nero-verdi allora in Promozione. Trasferimento che non avviene perché interviene nella scelta il L.R. Vicenza”. Quindi, il passaggio dall’Audace SME al Legnago, entrambe satellizzate al L.R.Vicenza, che intanto, mi voleva formare in riva al Bussè, Legnago pilotato dal cav. Pio Passarìn, il quale mancò il seggio di senatore del Partito Socialista Italiano per un solo pugno di voti. “Faccenda, ex Milan e Spal, seguiva i giovani legnaghesi, me compreso, bravi e coraggiosi a sfidare nel Torneo Berretti (De Martino, Riserve) gente del calibro di Aldo Maldera, Saul Malatrasi (rodigino di Calto, il pluriscudettato di Milan e Inter), lo spallino e futuro centravanti dell’Hellas Verona Mauro Gibellini. Scontri che sprizzavano scintille in duelli quasi impari, in cui riportai un infortunio che mi costò l’esilio dai campi per un anno”. “Ma” aggiunge Scandogliero sr, “mister “Bagolina” Menti, ex L.R.Vicenza, mi “promuoverebbe” dalla Berretti alla Prima squadra del Legnago, in veste di seconda punta, piede preferito il destro. Lo anticipa con scatto alla Pietro Mennea il collega Dario Baruffi, ex Milan di Coppa dei Campioni, che preferì, in possesso del diploma di Maturità Classica e dopo la fantastica avventura milanista, un lavoro sicuro presso le sanmichelate e, senz’altro, molto vicine a casa sua (Santa Lucia) Officine Grafiche Mondadori a un futuro calcistico per tutti fisicamente incerto. Baruffi” chiosa Tiziano “mi insegnò a calciare di sinistro, insistendo durante gli allenamenti di dimenticarmi di possedere il destro: ero riuscito, incredibile ma vero!, a calciare meglio con l’arto mancino; anche di prima intenzione, addirittura al volo!”

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Il ritorno in riva al Bussè de “El Scando” coincide con il debutto in serie D, in Coppa Italia, contro il Padova di bomber, il veronese Adriano Manservigi: “Amavo il dribbling, che non piaceva a mister Romano Matté, il quale non aveva certo occhi per il sottoscritto troppo innamorato della sfera”. Ed ecco, il trasferimento della seconda punta roverchiarese, sempre di proprietà del Legnago, a San Pietro Polesine, microbica frazione di Castel Bariano, per vivere l’incredibile favola dei rodigini approdati in un men che non si dica dalla Terza categoria alla serie D. “La meteora polesana” spiega “El Scando” “annoverava una nutrita schiera di giocatori veronesi, da Renato Marangoni al sanbonifacese Luciano Ferrarese, detto “El Sgaio”, all’ex audacino ed ex Belluno- per la prima volta in serie C sotto la guida del sanzenate ed ex milanista, il difensore pluriscudettato (1955-57-59) Eros Beraldo, colonna difensiva del famoso trio delle meraviglie meneghine Gre-No-Li (Green, Nordhal e Liedholm), il villafranchese “puntero” Jimmy Polato, Gigi Manganotti, Dolci, del 3° portiere dell’Hellas Verona di mister Veneranda, il sambonifacese Fiorenzo Bognìn (1951), plotone scaligero agli ordini del lupatotino mister Piero Apostoli. Vincemmo il campionato di Promozione, salendo – visto che l’Eccellenza fu inaugurata dalla stagione 1993-94 – immediatamente in serie D, forti anche della presenza – retribuito a gettoni di presenza – dall’ex difensore dell’Hellas Verona Roberto Ranghino, originario di Omegna (1944-2019)”. I fratelli Moietta, imprenditori virgiliani conquistano la sala dei bottoni del Legnago, che è ancora guidato da Matté: ma, il tecnico trentino si dimostra ancora contrario ai dribbling e ai mirabolanti dribbling sulla fascia destra del “Scando”, che continua a saltabeccare tra un trespolo audacino e uno legnaghese: “Alla fine, decido di trasferirmi al rodigino club del Trecenta, in Polesine a titolo di prestito. Per tornare, a fine stagione, di nuovo in biancazzurro, e per provare l’esperienza con il Cerea del mobiliere Bruno Lia, e dei Poscolere (portiere di Montorio), di Carpi, Schio, Bariani subentrato a Strazzer”. In Coppa Italia, si consuma la “vendetta” della seconda punta roverchiarese: taglia a fette il suo ex Legnago, atterrato da un suo prodigio balistico: 1 a 0 e addio bianco-celesti, il piatto è servito!

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Nel frattempo, Tiziano ha il tempo di frequentare la facoltà di Architettura a Venezia, ma “un mio amico, esperto nelle misurazioni e gran topografo, mi spinge a seguirlo nella sua avventura lavorativa in Libia, Algeria. Ma, l’ultima parola spetta, poi, dopo quest’esperienza in Africa, a mio padre Guido, che portava avanti la bottega, la conoscenza di salumi e caciotte migliori d’Italia dal 1904, arte e mestiere ereditati da mio bisnonno Emilio”. Quando il Legnago, grazie all’arrivo dell’avvocato nel pallone France Salvatore diventa Salus, denominazione siglata grazie al bomber e commercialista Stefano Michelazzi, “El Scando” aveva già abbandonato il calcio e i suoi sogni professionistici: “Gioco partitelle con amici, coinvolto sempre di più dagli interessi lavorativi – con mia moglie Gabriella a mio fianco – e famigliari. Dell’Audace San Michele Extra mi restavano schegge di ricordi del genio e sregolatezza Ezio Vendrame, della punta Giorgio Zecchini, del polacco fuggito dalla Polonia, Jelinek, di Alberto Malesani, del difensore Adriano Zuppini e del portiere, ex Massese, “El Boca” Paolo Riccardi”.

Più breve, anche se molto vissuta e intensa la carriera da portiere del figlio Marco, suo partner nella gestione della nota locanda, la quale ha avuto come illustri ospiti il campione dello sci, il bolognese Alberto Tomba, il figlio Luigi di Silvio Berlusconi, i giocatori un tempo dell’Hellas Verona Gian Luca Falsini, mister Paolo Vanoli e l’ex Inter Riccardo Meggiorini. Estremo difensore dell’Isola Rizza (mister, il prof. Gianni Rossi da Bergantino di Rovigo), ma anche dell’ambizioso Porto di Legnago (mister era Nicola Chieppe, poi, l’ex professionista Luciano Malaman) della famiglia Zancanella, boss delle cave Monastero, padre Pietro e figlia Beatrice a raccoglierne l’eredità e a impugnare la staffetta dei bianco-rossi portuensi. “L’apice della mia carriera, il più bel ricordo-emozione che ricordo volentieri? I due rigori parati al neutro di Porto Tolle di Rovigo nello spareggio per salire in Prima categoria, a spese del GSP Vigo 1944 del Tycoon Raimondo De Angeli. La gara era finita a reti inviolate e sui rigori ad oltranza riuscii a tirare fuori il meglio di me stesso! A Isola Rizza, ho giocato con grandi atleti dilettanti, quali bomber Gianni Vaccari, detto “Ragù” per i suoi capelli rugginosi, Davide Mecchi, in porta Cristian Lanza, Tomezzoli e i gemelli Sprea”. Dal 2008, il calcio continua a essere narrato – tra una fetta di prosciutto e una scheggia di Grana Padano o Parmigiano -, il tutto innaffiato da potenti, sapidi e sgargianti vini rossi, in questa locanda, nella Bassa Veronese, a un tiro di schioppo da Legnago e a una pedalata in bici da Isola Rizza e Oppeano, oltre che da Roverchiaretta e da Minerbe. Nel 2016, Scandogliero jr, al secolo Marco, si laurea miglior sommelier del Veneto, l’anno successivo, nel 2017, è finalista nazionale degli assaggiatori-intenditori dei migliori vini del nostro Belpaese. Il calcio servito a tavola in quella locanda, che rischiarata da fioche, ma azzeccate luci, ricorda non solo un angolo delle impettite dogaresse e degli annoiati Dogi della Venezia della Serenissima. E, cosa c’è di più serenissimo…che servire, assieme a salumi e prodotti caseari, “el fubàl” de ‘na olta, brindando al futuro che ci aspetta, ma anche salutando il passato innalzando al cielo stellato di questa calda estate calici riempiti del nettare degli dei: il vino? Direi proprio nulla di più.

Andrea Nocini per www.pianeta-calcio.it

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