mercoledì, 12 Novembre 2025

Oggi

Doriano Pigatto: “Smetto, questo calcio non mi appartiene più”

L’allenatore veronese annuncia il ritiro dopo una carriera di passione e sacrificio

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Una carriera all’insegna dell’amore sconfinato per il calcio e di una passione capace di attrarre tutti a sé. Non è solo un modo di dire: ne sono la prova i giocatori allenati da Doriano Pigatto che, tutt’oggi, riconoscono nel mister classe 1952 un maestro di vita, oltre che di pallone. Un portatore di sani valori, dentro e fuori dal campo, che lo hanno reso un allenatore vincente ma, soprattutto, un uomo amato. La sua carriera tra i dilettanti è iniziata con l’Ares Calcio, in Terza Categoria, dove ha guidato un ciclo vincente durato sei anni, capace di far guadagnare ai nero-fucsia l’appellativo “SpettacolAres”. Il suo percorso è poi proseguito in Promozione con la Croz Zai e successivamente alla guida del PGS Concordia, ultimo incarico di Doriano fino al 2021. Un viaggio lungo e frastagliato, fatto di gioie e di sfide. Oggi Doriano Pigatto, il “Ghepardo” – soprannome assegnatogli durante l’esperienza calcistica al Pegognaga, dove ha timbrato per ben 147 volte – ha detto “basta”. Una decisione non facile, maturata di fronte a un calcio che, ormai, non sente più suo. “Non riscontro più certi valori che per me erano fondamentali. Troppo spesso i soldi rappresentano la priorità, anche per i dilettanti. Fa male vedere ragazzini talentuosi di 16 o 17 anni andare nella squadra che offre di più. Dovrebbero scegliere l’ambiente nel quale verrebbero maggiormente valorizzati.” D’altronde è sempre stata questa la chiave di volta nella carriera di Doriano: valorizzare i giocatori e il gruppo, non il proprio lavoro. “L’allenatore deve essere autorevole, non autoritario. Il nostro compito, prima di tutto, è quello di educare i ragazzi e insegnare loro il rispetto reciproco; poi si passa al campo” – ha spiegato.

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È su questo principio che il mister ha costruito il suo percorso: essere un educatore prima che un allenatore. Creare un gruppo coeso, capace di aiutarsi nei momenti difficili. “Su undici giocatori in campo è possibile che tre stiano attraversando periodi complicati; spetta agli altri otto lavorare il doppio per aiutarli.” La bravura di un allenatore, secondo Doriano, si misura nella disponibilità a mettersi in secondo piano e a dare spazio ai ragazzi, oltre che nella capacità di empatizzare e parlare con ognuno di loro. “Non mi sono mai risparmiato un abbraccio con un giocatore. Il calcio per me è anche questo: esultare insieme per un gol, gioire per una vittoria e vedere i miei ragazzi con la maglia sudata. L’unica cosa che pretendevo dalle mie squadre era vederli lottare e non mollare mai.” Doriano ha sempre messo in primo piano il carattere e la coesione del gruppo, per poi concentrarsi sull’aspetto tecnico-tattico. “Insegnare a giocare a calcio è la cosa più semplice. Se riesci a mentalizzare tutti i membri della squadra e a renderli partecipi, hai già fatto gran parte del lavoro. Il calcio si basa su due principi fondamentali: tempo e spazio.” Pigatto ha deciso di fermarsi perché ha visto perdersi lentamente quei valori che lo avevano spinto ad amare questo sport. Affinare la tecnica palleggiando contro un muro, giocare senza insulti dagli spalti, mangiare un panino con la soppressa dopo la partita, finire una gara sapendo di aver dato tutto per la maglia: tutti aspetti che, secondo Doriano, stanno scomparendo. Ciononostante, sa che il calcio gli mancherà tantissimo. Perché, come dice lui: “L’amore che ho ricevuto mentre allenavo vale più di tutti i soldi che non ho mai guadagnato in carriera.”

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Roberto Deiana per www.pianeta-calcio.it

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