In una di queste serate tiepide di primavera, esattamente al rinomato Centro MBX di via Sogare, in zona stadio “Bentegodi”, si è tenuta una reunion dei “ragazzi dal 1953 fino al 1959” dell’U.S. Virtus Borgo Venezia. Atleti pionieri della grande favola rosso e blu (i colori fortemente voluti dall’allora presidente e rifondatore del club borgo-veneziano, il dr. Sinibaldo Nocini, per lenire la lontananza dalla sua Faenza di Bologna, popolata da tifosi felsinei), in pratica, i genitori dell’attuale Virtus gigifreschiana, da 7 anni nel calcio professionistico di serie C. Tanti i dribbling effettuati nel passato, con aneddoti curiosi e particolari gustosi di una società che fino agli albori degli anni 80 si conquistava la tuta e delle maglie, raccattando a destra e a sinistra per le vie del borgo quintali di ferro o di carta, per poi rivenderli ed assicurarsi quella divisa sportiva, la quale doveva durare dal 1° luglio al 30 giugno dell’anno successivo. E, così davanti a un fumante piattino di risotto con radicchio e salsiccia, e a un secondo a base di salmone e rucola, si sono snocciolati i ricordi di una gioventù che aveva voglia di spaccare il mondo, eterogenea sia nelle sue aspirazioni che nel proprio censo, sia nel suo credo politico che nei sogni da rincorrere. Infatti, molti di queste leve avevano vissuto il caldo periodo della contestazione del 1968, riuscendo a farsi poi una posizione chi dopo il conseguimento di un alloro universitario – vedi Renzo Viviani, classe 1953, odontoiatra -, vedi “El Pidu”, ingegnere di strepitoso successo, ora in America; ma, senza oltrepassare l’Oceano Atlantico, per rimanere nella nostra città, il portiere Giorgio Zanoni si è affermato, eh, come brillante specialista del nostro Comune). A dirigere l’orchestra dell’Amarcord paleo-virtussino, il mitico “El Cile”, soprannome appioppatogli fin da giovanissimo per le sue idee di sinistra, al secolo Roberto Bonente, padre spirituale dell’altrettanto mitico Luigi Fresco, 4-4-1961, allenatore di questa pattuglia di ben-ritrovati, una sorta di “Amici n.3”, e da 44 anni sulla panca del club borgo-veneziano, arrivato quest’anno ai play off di serie C con tanto merito.
Questi i commensali ritrovatisi, a distanza, udite, udite!, di 50 anni, di qualcosa come mezzo secolo: il titolare del Centro MBX, Paolo Fantoni (1956), Edoardo Burro, Massimo ed Ottavio Chesini, l’ex mister del Domegliara Omero Polacco (1959), Claudio Veghini (neanche una parola, da buon portiere di riserva), Walter Ronconi (1956), Stefano Roncolato, l’ex Presidente di Circoscrizione, il forzista Mauro Spada (1956), l’ex Presidente della Pol. Virtus B.V., Marcellino Posenato, Stefano Musolino, Gianni Richelli, Giorgio Zanoni e Diego Tommasini. Assenti, giustificati, Stefano Mazzola, classe 1960, centrocampista figlio d’arte (il padre, Mirko, mister della Prima squadra rosso-blu, ha militato anche nel Grande Venezia, e alla sua splendida figura è stato intitolato un terreno di gioco all’interno del Centro Polisportivo “Mario Gavagnin-Sinibaldo Nocini”). Splendidi i pomeriggi trascorsi al Bar da Stoppa, le riunione al Cinema Aurora, quello di fianco alla chiesa di San Giuseppe Fuori Le Mura, interminabili le ore trascorse a rincorrere la palla al “Luigi Piccoli” (con Marcellino che indossava la maglia della Juve, mentre Ottavio Chesini quella dell’Inter, Mario Martini, re delle autoscuole, quella del Milan), sul campetto degli Ebrei, quello di fronte all’Atlas Verona, sul fazzoletto di erba risparmiato dal cemento e situato in via Villa Cozza, con a fare da porte due sassi e un paio di maglioni. Per ritornare, poi, a casa, con le scarpe sverniciate e le ginocchia sbucciate. Le fughe nel sali-scendi delle Torricelle, terminate le partite al “Luigi Piccoli”, palestra di vita, di indimenticabili quanto interminabili meriggi trascorsi e rubati all’ossessione della Scuola, e tra queste memorabili e picaresche quelle del portiere Arellaro (alternativa a Paolo Tedeschi), il quale, scesa la catena, tentò in piena discesa e in sella alla sua bici sprovvedutamente di aggiustarla con la mano, riportando, ahilui!, invece, l’amputazione per sempre di un dito! Per non parlare dei più scatenati fratelli-gemelli Furia, di Loprieno, di Antimo, di tanti giovani teen-ager che ricordavano James Dean nella loro “gioventù bruciata”.
Tra questa allegra, spensierata, variegata di opinioni e di sogni, ma intelligentemente creativa ed autonoma “brigata rosso-blu”, hanno fatte parte anche l’arcinoto cantautore borgo-veneziano Massimo Bubola, figlio di Ottorino, il miglior maestro delle Elementari che un giovanissimo potesse avere. E, l’attuale Rettore dell’Ateneo scaligero, nonché “luminare” nel campo dell’Oro-Cranio- Maxillo-Facciale, il prof. Pier Francesco Nocini, figlio dell’adorabile “secondo papà per tutti gli sportivi e non del quartiere-laboratorio” attiguo alla Mondadori, dottor Sinibaldo. La sbrisolona a snocciolare, a triturare, a sminuzzare gli ultimi ricordi, gli ultimi particolari e il resto della notte a farsi spiegare dal titolare Paolo Fantoni la nascita e la grande crescita del suo Centro, partito dal Circolo Primo Maggio di Montorio, con allora solo una 50na di atleti ed oggi – precisamente dal 2000 – con la partecipazione di circa 300. “In Coppa Europa”, specifica Fantoni “ogni anno intorno a marzo gareggiano qui da noi 3.000 concorrenti di altissimo livello, forti dell’ausilio di ben 100 nostri volontari. Un festival che si protrae per tre giorni. Dal 2013 siamo riusciti a realizzare questo Centro, quest’impianto, che è sorto sulla Spianà, in via Sogare, dietro al “Marc’Antonio Bentegodi”. Sì, tanto per non scordarsi dell’amato calcio”. Da qui partono atleti che gareggiano alle Olimpiadi, in rappresentanza dell’Italia. Tra questi, Manuel De Vecchi (Pechino e Londra), Giacomo Fantoni (1991, Tokio) e a Parigi andò Pietro Bertagnoli. Nella squadra degli olimpionici anche il figlio Giacomo, Jack per tutti, Fantoni. “Intanto, le nostre piccole leve si stanno allenando qui in previsione di Los Angeles 2028”. Hanno voluto la bici: e, allora, che pedalino, o no?
Andrea Nocini per www.pianeta-calcio.it