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lunedì, 29 Aprile 2024

Arbitrare è bello?

Si sta per concludere il corso indetto nel mese di gennaio, da parte della sezione Aia di Verona, per reclutare nuovi arbitri. Il dato di fatto che è preoccupante e che diventa sempre più difficile trovare nuovi arbitri. Ai giovani di oggi, bersagliati dalle chimere dei social e da un ritmo di vita sempre più frenetico, indossare nei weekend la divisa da arbitro non gli “garba”, usando un classico termine del dialetto toscano. L’arbitro è spesso bersagliato dalle critiche per la mancanza di personalità. I nostri giovani che seguono il calcio non lo prendono più da esempio. Arbitrare non è più bello per una serie di ragioni. Un giovane che decida di iniziare la carriera di arbitro, chiaramente facendo la gavetta e quindi partendo dal basso, arbitrando i campionati giovanili organizzati dalla lega dilettanti oppure quelli a carico del CSI, deve analizzare in dettaglio vari aspetti che non vanno mai sottovalutati. La mancanza di apprezzamento e rispetto da parte dei dirigenti delle squadre che va ad arbitrare (non tutti per fortuna). Le critiche, spesso feroci, dei tifosi, genitori e addetti ai lavori. Gli insulti sul campo e sui social. I maltrattamenti fisici e verbali che stanno diventando una costante sui nostri campi. L’arbitro è l’unica figura contestata da entrambe le squadre in campo, a volte accusato di essere di parte, un nemico comune da annientare. I rimborsi spese, anche se da poco ritoccati, non “premiano” a pieno chi va ad arbitrare. La pandemia da Covid-19, che tre anni fa ha costretto ad una lunga sospensione dei campionati locali e giovanili, ha visto centinaia di arbitri smettere.

Per invertire la rotta servirebbero dei mutamenti sistematici che producano effetti a lungo periodo. Maggior rispetto per le regole che reggono il gioco del calcio e per l’arbitro. Promuovere la figura dell’arbitro nelle scuole. Insegnare i valori dello sport. Non solo principalmente al risultato della partita, ma riscoprire l’ importanza del divertirsi e partecipare. Non bisogna mai dimenticare che senza arbitri non si può giocare. “Molti mi chiedono perché dovrebbero diventare arbitri? – dice Claudio Fidilio, presidente della sezione Aia di Verona -. Perché offre la possibilità di entrare nel mondo del calcio in una maniera che per molti non è convenzionale. Permette di vivere questo sport in una maniera del tutto particolare scendendo in campo come il garante del gioco e del divertimento sano e leale. L’Aia sta cercando di correre ai ripari. Modificando l’età per partecipare ai corsi di formazione necessari per l’avviamento, che è scesa da 15 a 14 anni, ed il limite per continuare l’attività, che è stato elevato da 45 a 50 anni. Poi l’apertura al doppio tesseramento da la possibilità che il ragazzo o la ragazza, una volta superato il corso, possa comunque essere tesserato come arbitro e come calciatore. Noi come sezione incentiviamo chi vuole diventare arbitro non facendo pagare le quote sezionali e regalando tutto l’equipaggiamento tecnico. Un dato di fatto e che chi arbitra non è più disposto a ricevere minacce, offese e violenza. La cultura sportiva è fondamentale partendo dalle giovani generazioni che rappresentano il nostro futuro “.

Roberto Pintore per www.pianeta-calcio.it

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