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martedì, 21 Maggio 2024

Allenatore si nasce o si diventa?

Ma allenatore si nasce o si diventa? Amici lettori non è facile rispondere a questa domanda, probabilmente servono entrambi gli aspetti. Non tutti sanno allenare. In giro, nei nostri dilettanti, ci sono tanti piccoli “Mourinho”, persone che si improvvisano allenatori pur con poca voglia di formarsi, che allenano solo per “sentito dire”, per quello che hanno visto su internet, o per quello che gli è stato insegnato dai loro allenatori quando giocavano nei campetti di provincia. In realtà il mondo, anche nel calcio, cambia alla velocità della luce. A volte c’è poca propensione a leggere libri o a frequentare corsi. Tutta questa improvvisazione sfocia poi nel poco divertimento dei ragazzi e nella poca gioia nel condividere i risultati ottenuti. Per fortuna però non è sempre così nel pianeta dei dilettanti veronesi. Molti tecnici amano questo “mestiere” che nei dilettanti logicamente non lo è. Si aggiornano spesso rubando ore alla loro attività lavorativa e credono molto in quello che fanno, un valido strumento per insegnare calcio ai nostri giovani e non solo. Le società oggi dicono tutte di avere allenatori patentati, con tanto di tesserino obbligatorio, ma sia chiaro, avere il patentino non vuol dire essere un buon allenatore. Come nel mondo tradizionale è necessario fare un po’ di gavetta, fare corsi, letture tecniche e mettersi in gioco cercando di crescere anche e soprattutto a livello comunicativo. I risultati sono importanti ma un allenatore “vincente”, anche di fronte a un risultato negativo, trova sempre l’opportunità per riprovarci.

Questi tecnici hanno una marcia in più, sanno chiaramente quello che vogliono e spesso riescono ad ottenerlo. Un buon allenatore, allena anche se stesso, sa conoscere le proprie caratteristiche, cambiarle e migliorarle. Educatore, leader nello spogliatoio, autoritario e convincente. Bravo a usare al meglio bastone e carota con i suoi giocatori. Motivatore e a volte sapiente psicologo. “Una persona che ha giocato a calcio – dice Simone Dal Degan, nuovo tecnico della Virtus Cornedo di Eccellenza – se poi fa l’allenatore è certamente più agevolato. Conosce le dinamiche dello spogliatoio e del campo. Ma anche un giovane che ha studiato e si è documentato, che ha capacità e credibilità di insegnare calcio, può avere ottime opportunità. Sicuramente allenare è difficile e molto complicato. Te lo devi sentire dentro, devi reggere i momenti difficili e sapere reagire alle avversità. Devi accettare le critiche cercando di andare dritto per la tua strada con costanza e professionalità. Credere in quello che fai è a mio parere fondamentale”. Mister Jodi Ferrari, nuovo tecnico dell’Ambrosiana di Eccellenza, ci dice: “Fare l’allenatore è di sicuro arduo. Devi essere portato e saper confrontarti spesso con la dirigenza della società dove alleni. Devi guidare un gruppo di giocatori dove i caratteri sono diversi fra loro. Devi farti capire con semplicità usando concetti chiari. Devi saper gestire al meglio il tuo staff tecnico ed essere sempre sul pezzo, in pratica a volte non dormi di notte pensando alla gara e a quello che devi fare. Lo stress c’è sempre, in qualsiasi momento, quando vivi gli allenamenti e quando pensi alla partita di campionato della domenica pomeriggio. Tutti ti danno dei consigli, tu li devi ascoltare ma tenerti buono sono quello che più ti interessa. Bisogna allenare con umiltà e voglia di imparare ogni giorno. Parlare con direttori sportivi o altri allenatori è sempre positivo, ma l’allenatore deve fare le proprie scelte, che piacciano a non piacciano ai giocatori che allena. Insomma è un ruolo delicato ma che a me piace comunque parecchio”.

Antonio Marini, ex mister di Montebello e Bevilacqua, dice: “Ritengo che fare l’allenatore è una roba sanguigna, è nelle tue arterie da tempo. Non è entrata in circolo così all’improvviso, secondo me allenatori si nasce. Servono temperamento, carisma, onestà nelle scelte e soprattutto grande credibilità. Oggi il calcio è cambiato ed è in continua evoluzione, ti devi aggiornare al meglio con attenzione e di continuo. Non esistono più gli allenatori “Sergenti di ferro” ma una via di mezzo. La gestione del gruppo è fondamentale, bisogna spiegare concetti chiari e mai ripetitivi. In allenamento i tuoi giocatori devono divertirsi, a mio parere, solo con l’impegno e il divertimento possono dare il massimo”.

Gli fa eco Matteo Meneghetti, pronto ad infiammare il nuovo campionato di Prima categoria con l’ambizioso Valpolicella dei direttore sportivi Nicola Righetti e Stefano Carigi: “Dal punto di vista relazionale allenatori si nasce. E’ importante sempre di più comunicare con i propri giocatori ed insegnare calcio, credetemi, non è per tutti. E’ dentro nella persona stessa fin da subito, è una dote ma anche un talento che è innato. Non puoi, se credi nel calcio con fortissima passione, dimenticarlo oppure nasconderlo. Se uno vuole studiare la materia con dedizione, anche senza aver mai giocato al calcio, un giorno può farlo, perché no. Non escludo a priori le due cose. Certo che se una persona ha fatto il calciatore è senza dubbio più facilitato. Per fare l’allenatore ci vuole competenza, bravura nelle gestioni umane, psicologia e molta attenzione alla parte tecnico e tattica”.

Roberto Pintore per www.pianeta-calcio.it

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