lunedì, 17 Giugno 2024

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L’Edera Veronetta questa mattina dà l’ultimo saluto a Gigi Sartori, sua massima figura dagli anni 90 ai giorni nostri

Ha combattuto mille battaglie calcistiche, ma nulla ha potuto contro il male dei secoli. Giovedì mattina, se ne è andato Luigi, “Gigi” per tutti, Sartori, uomo che ha considerato il calcio nero-verde, quello con sede in via Francesco Torbido, come un figlio. A volte, anche una questione di vita: chi lo ha conosciuto sa quante volte ha dovuto lottare contro chi ha cercato di mettere il bastone tra le ruote alla “sua creatura”. Lui disposto a garantire il calcio ad atleti di qualsiasi nazionalità o provenienza, facendoli, attraverso il gioco più bello del mondo, sentire più a casa propria, visto che, oltre alle doti dei ragazzi, si è sempre, per tutti indistintamente, preoccupato di trovare un impiego, un’occupazione. In cambio di una casacca nero-verde, che negli anni del dopo Guerra ha lanciato alcuni talenti (come Enrico Franchi, giocatore passato al Chievo figlio dell’ingegner Franchi, presidente neroverde prima di Gigi Sartori), casacca da indossare sotto il sole, la pioggia, la neve che lo ha visto con l’ombrello interpretare il ruolo anche di guardalinee. Ma, Sartori dell’Edera Veronetta – oggi Gruppo Calcistico Giovanile Edera Veronetta – a partire dagli anni 90, forse, anche prima – è stato il “faro più luminoso”, il factotum, capace di sostare dietro la scrivania tra ricorsi e multe appioppate dalla Figc, ma anche di farsi su le maniche per segnare con il gesso bianco le righe del campo. Di un rettangolo, il quale ha permesso a molti ragazzi di crescere, di condividere ore piacevoli, di abbattere le barriere, perché per “El Gigi” il pallone non aveva paletti né confini, né richiedeva il colore della pelle.

“Per me, una volta arrivato nel 2015 a Verona dalla Serbia, è stato come un padre”, così lo ricorda il giovanissimo vice-presidente Ilie Zabolotnic, classe 2001 “e io ho sempre cercato di corrispondere alla sua sensibilità dandogli una mano. A livello tecnico, è stato colui che da difensore mi ha inventato portiere, allenandomi lui stesso”. Il calcio dilettantistico veronese non ha mai conosciuto così tanti volti provenienti da Paesi, razze, etnie e confessioni religiose differenti: questa peculiarità era finita, a mo’ di notizia, agli inizi del Duemila, sulla stampa sportiva nazionale. E, questa mattina, alle 10.30, i suoi ragazzi hanno chiesto ed ottenuto – imitandolo nella tenacia e nell’immensa sua passione – che l’ultimo saluto si tributasse sul “Campo dell’amicizia”, in via Francesco Torbido, la sua “seconda casa”. In quel rettangolo dove l’Edera non deve appassire mai, ma nemmeno restare una sfera di struggenti ricordi e basta. Quello che ha sempre sognato “El Gigi”, quello per cui si è sempre speso fino alla sua morte.

Andrea Nocini per www.pianeta-calcio.it

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