lunedì, 17 Giugno 2024

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Gianni Pierno festeggia quest’anno 35 anni da allenatore

Un allenatore deve essere prima un gestore di uomini che di sportivi. Dialogo, intensità, concretezza, concetti chiari e fame di vincere non devono mai mancare in campo. Mister Gianni Pierno lo sa e in tanti anni di carriera ha capito che se manca lo spirito di appartenenza ai colori sociali, e magari un pizzico di fortuna, non si và da nessuna parte. Gianni Pierno festeggia quest’anno 35 da allenatore, 16 dei quali passati a guidare le prime squadre nel nostro pianeta dilettanti. Negli ultimi anni Gianni Pierno ha guidato il SommaCustoza 08, la Polisportiva Borgo Trento, il Casteldazzano, il Gargagnago, il Real San Massimo 2000 e il Real Lugagnano. Ma cosa fa la differenza nel essere allenatore? “Il calcio è uno sport collettivo e non legato esclusivamente alla qualità dei singoli. E’ un gioco di squadra. A volte ci chiedono se allenare è una missione. Io dico di no, a mio avviso le missioni nella vita sono ben altre. L’ amore che hai per il calcio e la tua grande passione fanno la differenza. Penso che allenatore si nasce, è una vocazione. L’aver tanta voglia di insegnare il gioco del calcio ai ragazzi ti spinge a ricoprire questo ruolo. Quando giocavo a calcio mi piaceva in qualche modo ricoprire il ruolo di leader della squadra, dettando sul campo le giocate. Ero un centrocampista ed avevo una buona visione di gioco, cosa importante anche quando fai l’ allenatore, anche se fuori dal rettangolo di gioco. Cosa fa la differenza nell’allenare? Se lo sapessi senza dubbio avrei vinto tutto – e ride – e forse sarebbe diventato il mio primo lavoro “.

Ha dei gesti propiziatori o scaramantici alla domenica pomeriggio prima di scendere in campo? “Direi di no, solo che la domenica mattina, prima della partita, voglio stare da solo – dice Gianni Pierno -. Mi preparo il pranzo e la borsa e poi vado al campo con la massima concentrazione sulla gara”. Ma esiste una ricetta per migliorare il ruolo di allenatore in una squadra di calcio? “Come in tutti gli ambienti che frequenti, se trovi persone che a pelle non ti trovi bene, non è facile andare d’accordo. Nel calcio puoi trovare dirigenti con i quali hai un ottimo rapporto di collaborazione ed altri che ti mettono i bastoni tra le ruote. Devi semplicemente conviverci, a volte ci riesci, altre volte no. Ma è normale. Francamente mi sono sempre trovato bene in squadre dove c’era una sorta di familiarità. Come in una piccola famiglia, dove anche le cose complicate diventano semplici”. Tornando indietro con i suoi ricordi pallonari, Pierno ci dice: “Se torno indietro a 40 anni fa, quando ancora giocavo, ricordo con piacere Chitti, mio compagno di squadra che in seguito ha giocato professionista nel Prato, nel Cagliari e nel Modena. Aveva i piedi di legno ma un fisico atletico e una buona visione di gioco”.

Nel calcio professionista e purtroppo anche in quello dei dilettanti, l’ esonero per un tecnico può sempre arrivare all’improvviso, quando meno te lo aspetti. “Fa parte del gioco – dice Pierno -, sei sempre legato ai risultati che ottieni sul campo. I presidenti e i direttori sportivi, secondo me, guardano troppo alla classifica, senza misurare la qualità settimanale degli allenamenti e le motivazioni dei ragazzi e quanto si divertono sul campo con il loro allenatore. Personalmente dico sempre ai miei dirigenti di seguire il lavoro che faccio durante la settimana negli allenamenti, se invece si guarda solo ed esclusivamente la gara della domenica, non ci siamo. E’ un aspetto negativo, una brutta abitudine che nel calcio purtroppo esiste. E’ giusto giudicare un allenatore, ma bisogna farlo per tutto l’impegno e il lavoro che fa sia in settimana che in partita”.

Roberto Pintore per www.pianeta-calcio.it

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